Amy, Amy, Amy

23 Lug

Il 27 ottobre del 2007 era un sabato, mi alzai tardi.

Mi ricordo nitidamente di una me in pigiama, con la faccia strapazzata, che si palesa in cucina giusta giusta per il pranzo. In quel periodo mio fratello si era slogato una caviglia ed aveva le stampelle, per cui io avevo preso il suo posto a tavola, contro il muro. Più scomodo da raggiungere, ma tutto per sè, non come me che dovevo stare nello stesso lato di madre.

In ogni caso mi siedo e vedo mio padre ai fornelli. Si gira e mi dice: “Giunchiglia, spero tu abbia fame. Oggi puoi scegliere tra risotto allo champagne e le lasagne: te li ho fatti tutti e due”. Tra tutto quello che cucinava, quelli erano i miei piatti preferiti, una giornata pazzesca se iniziamo così. “Fammi metà e metà, ma un po’ di più di risotto”.

Eravamo solo io e lui, non stavamo litigando, aveva cucinato per me entrambi i miei piatti preferiti: avrei dovuto capire che era un momento magico. Ma i momenti speciali si rivelano sempre quando sono già esauriti.

Mentre mi porge il piatto, inizio a raccontare a mio padre quello che mi era successo la sera prima. Il 26 ottobre del 2007 andai a Milano all’unico concerto di Amy Winehouse della mia vita, ma quel giorno pensai che fosse solo il primo.

Amavo Amy dalla prima volta in cui Stronger Than Me mi passò nelle orecchie, credo fosse il 2004, e mio padre lo sapeva. Ero emozionatissima prima di andare al concerto, ed ero ancora emozionatissima il giorno dopo.

Gli raccontai tutto: di quanto era minuta, delle pinte di vino, delle pause che si prendeva e da cui tornava facendo evidentemente capire che aveva sniffato e, soprattutto, di come la sua voce era superiore a tutto. Fu una conversazione che durò tutto il pranzo. Poi io tornai in camera per guardare Amici, mio padre più tardi uscì con mia madre, poi nel tardo pomeriggio, prima che rientrassero, me ne andai anche io verso Torino.

Quel pranzo fu l’ultima volta che lo vidi. Quella sera i miei genitori andarono a cena insieme, mio padre ebbe un malore e morì appena arrivato in ospedale.

Amy è stata l’ultimo argomento di cui abbiamo parlato, il filo rosso che ho stretto in una mano come collegamento.

Il 23 luglio del 2011 era di nuovo un sabato.

Nel tardo pomeriggio ero in macchina per andare al supermercato, quando iniziò a squillare il cellulare.

Era la mia amica Vale, mi diceva solo: “E’ morta Amy, non ce l’ha fatta”.

Potevo smettere di stringere il pugno e lasciare andare il filo rosso, lasciare finalmente che tutto si mischiasse al ricordo di quel momento in cucina. Tutto sospeso, tutto felice.

Non ho mai capito perchè quel giorno cucinò entrambi i miei piatti del cuore, ma da allora non ho più mangiato il risotto allo champagne.

Una Risposta to “Amy, Amy, Amy”

  1. Valentina Rossetti 23 luglio 2021 a 12:25 #

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