I piedi

5 Ott

Più o meno due settimane fa credevo stesse arrivando l’autunno.

E non l’avevo dedotto dal cambiare, lievissimo, della temperatura, dagli alberi che iniziano ad essere più sfogli, dal traffico del mattino perchè hanno riaperto le scuole.

No, l’avevo dedotto perchè, puntuale, un mattino mi sono svegliata con la febbre al labbro, sempre sullo stesso punto, lì, a ricordarmi, silenziosamente, che sta arrivando la stagione più fredda e anche questa volta io non mi ammalerò, ma passerò i prossimi sei mesi a mostrarmi al mondo con un andirivieni di febbri sulla parte sinistra del centro delle labbra. Quel punto dove le labbra vanno in su e creano quella conchetta, verso il naso, conchetta che in me viene annullata dandomi un aspetto che non saprei definire.

Ma per me ok, cos’è una febbre al labbro quando so che sarò più vicina alla stagione del piumone, dello scaldasonno, dei pigiami pesanti e di quelle dormite che solo una temperatura sotto i 10 gradi può regalarti?

E invece no, siamo al 05 ottobre e continuo a mettere i sandali, senza calze, perchè fa caldo e quindi va bene, procediamo avanti nelle nostre giornate con i piedi di fuori. Io, tu, tutti.

Ma a me i piedi fanno schifo.

E lo so che ora la mia migliore amica mi leggerà e penserà: “Quante volte le ho detto che non si dice che qualcosa fa schifo”, ma per i piedi provo quel sentimento lì, non potrei descriverlo con un neutrale non mi piacciono. Non parlo solo dei piedi degli altri, ma pure dei miei: un bel paio di piedoni nr. 41.

In un’utopica dimensione parallela disegnata da me, potrebbe essere un’ottima soluzione terminare la struttura umana alle caviglie e poi metterci sotto qualcosa di uguale per tutti che non abbia bisogno di rivestimenti o di cura, su cui non crescano unghia, calli, cose. Dei neutralissimi piedi di balsa per esempio 😉

Ma, siccome sono una persona matura, col passare degli anni ho trovato dei compromessi per la convivenza reciproca di me, dei miei piedi e dei piedi di tutti.

Primo: difficilmente guardo i piedi delle persone, specialmente in estate ovviamente.

Secondo: ho accettato che i piedi ci servono e che se fa caldo è meglio indossare i sandali, senza calze, senza avere caldo pure ai piedi (poi come fate ad amare così tanto l’estate me lo spiegherete).

Così sono passata dal passare tutta l’estate con le scarpe da ginnastica, ai sandali con mille fasce che coprivano praticamente tutto il piede, fino ad arrivare all’illuminazione definitiva:

I SANDALI DA TEDESCHINA.

Le Teva, tanto per intenderci. Comode, con quella suola da pedula di montagna, con quei laccetti che ti tengono ben fermo il piede. Brutti? Io non trovo.

“Va beh, dai, prossimo anno ti potresti buttare sulle Birkenstock”.

E invece no. Per quanto le abbia guardate on line, nei negozi, nella vita delle persone, ho capito che, almeno per ora, le Birkenstock sono troppo hardcore per me.

Perchè quel laccetto dei miei sandaletti da tedeschina che ti blocca sulla caviglia, è, in realtà, una cintura di sicurezza. L’ultima barriera, una safe zone, che eviterà sempre che, dal nulla, senza nessun segnale, ti levi la scarpa e scagli il tuo piede libero e nudo verso il mondo.

Magari stiamo parlando e senza che uno se ne accorga, senza nessuna partecipazione del resto del corpo, ti sfili le Birkenstock e sei solo più piedi.

Con le Teva, invece, ti devi abbassare, usare le mani, fare quel FRFRFRFRFRFR di quando stacchi il feltro e poi sfilare il piede, nel frattempo l’altro ha tempo di reagire, fuggire, mettersi in salvo.

No, io non me la sento di puntare il mio piede verso gli altri, io continuerò con le mie cinture di sicurezza sulle caviglie.

E, nel mentre, conterò i giorni che mi separano al ricongiugimento con il mio grande amore: lo scaldasonno.

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